Adriano Bonafede
Roma “L asciate che i bancari vengano a me’. A fare la singolare proposta, in un tempo in cui pare che ce ne siano troppi, tanto che si stima siano almeno 20 mila su 300 mila gli esuberi, è Piermario Motta, ad di Banca Generali, la ‘rete’ di vendita di prodotti finanziari del Leone di Trieste. Una rete che a fine settembre gestiva circa 25 miliardi di euro per conto dei suoi più di 300 mila clienti, con una raccolta netta che da inizio anno si attesta a 1.360 milioni e che a er fine 2012 dovrebbe superare i 1.500. Dottor Motta, lei pensa davvero che i bancari in uscita possano trasformarsi in promotori finanziari? «Non soltanto lo penso. Ma, di fatto, lo metto in pratica». In che modo? «La nostra rete dispone di circa 1.500 promotori, che ogni anno crescono di un numero compreso tra i 50 e i 60. Ebbene questi nuovi promotori sono quasi tutti bancari». Ma questi innesti sono fin da subito produttivi? «Altroché. Questi nuovi promotori generano asset in gestione supplementari per circa 4-500 milioni all’anno». Dunque c’è lavoro in questo settore? «Certamente. La stragrande maggioranza dei promotori è di provenienza bancaria. Così è per Fideuram e per Banca Generali. Un po’ diversa è la composizione della rete di Mediolanum, che si rivolge ad una differente fascia di mercato». Però qui ci sono 20 mila persone in procinto di perdere il lavoro, che perlopiù non possono andare in pensionamento anticipato. Davvero tutti possono
trovare lavoro nelle reti? «Mi lasci spiegare meglio la mia idea. Chiaramente non è pensabile di convertire profili dalle esperienza più disparate, seppur di provenienza bancaria, verso una professione che implica non poche complessità e che, ricordiamo, passa attraverso il vaglio di un esame specifico. Ma una parte di queste, anche se di minoranza, potrebbe sicuramente cogliere le opportunità che stanno vivendo oggi le reti. È ovvio però che tutte queste persone debbano essere in qualche modo ‘accompagnate’ verso questo lavoro». E come? «Credo debbano essere le stesse banche ad organizzarsi per consentire questa evoluzione. Penso si possa anche immaginare che gli istituti sostengano queste persone per qualche anno con uno stipendio e affidando loro dei clienti, finché non saranno in grado di mantenersi da sole dalla consulenza qualificata’. Bella idea. Ma molte banche vedono le reti dei promotori come alternative e concorrenti rispetti ai più lucrosi sportelli bancari. Perché dovrebbero concorrenza in casa? ‘Secondo me non c’è concorrenza. E’ venuto il momento per le banche di riconsiderare tutta questa vicenda con occhi nuovi. Quanto costa uno sportello, che è per forza su strada? Quanto costa l’agenzia di un promotore che ha invece esigenze diverse e non è su strada? Molto meno. E poi il promotore può uscire, andare a trovare i clienti dove vivono, dove lavorano e sviluppare la propria attività grazie alle competenze sviluppate. In alte parole, la rete sviluppa la clientela all’esterno. Quindi non è una reale alternativa alla banca, ma una struttura che le si affianca completandola ». Qui sopra, Piermario Motta, amm. delegato di Banca Generali, la società-rete del Leone di Trieste